Giovane e brillante chef con due stelle Michelin, riporta nei suoi piatti di alta cucina i grandi salumi italiani e li rende unici
Determinatissimo, instancabile, appassionato di orto e bicicletta, intriso di italianità e sempre in tensione verso una perfezione di sostanza, ancora più che di forma. Uno dei giovani di riferimento della grande cucina italiana, Michelangelo si è fatto le ossa all’estero e ha costruito la sua credibilità lavorando senza sosta nelle importanti brigate internazionali. Ma è così legato alla sua famiglia e alla sua infanzia da fare della cucina del ricordo una bandiera e un messaggio, sempre alla ricerca di quel sapore che riporta ai momenti che più di tutti hanno segnato la sua esistenza che lui cerca di reinterpretare, con una visione contemporanea e alta, e che l’ha portato a conquistare due ambitissime stelle Michelin con un ristorante immerso nelle verdissime colline piemontesi
Qual è il tuo primo ricordo legato ai salumi?
La mia famiglia produce da sempre salumi a livello casalingo. Direi che il primo ricordo è il pane e mortadella che mio nonno faceva nel periodo di Pasqua. E anche fave e pecorino, abbinati con lardo e pancetta nel periodo pasquale. Ma ‘il panino’ che mi ricordo di più della mia infanzia è quello che ‘costruivamo’ la mattina presto, verso le 6, sempre con il nonno. Il pane si comprava dal panettiere Giovanni, ed era una specie di maggiolino. Poi si passava dal macellaio Giorgio: noi gli lasciavamo il pane e lui ci preparava il panino con il prosciutto cotto affettato al momento.
Alle 8, ritornati al ristorante di famiglia, al pane e prosciutto cotto si aggiungeva l’insalata russa che mia nonna comprava pronta alla Casa dei cappelletti. Ne ho fatto un piatto, di quel ricordo: si chiama Open your mind.
Quali altri salumi hai usato nei tuoi piatti?
Adesso che ci penso faccio tanti piatti con i salumi. Il primo è stato il BBQ, lo spaghetto cotto in estrazione di prosciutto al barbecue. Dal 2015 ho avuto un approccio con la neurogastronomia e ho avuto l’occasione di approfondire questa scienza con un’amica psicologa, che aveva notato quanto riuscissi attraverso i piatti a portare le persone a ricordi ed emozioni. BBBQ racconta proprio il sapore della braciola di maiale che fa mio papà quando griglia, e da lì sono venuti poi altri piatti, come il risotto cotto in estrazione di foglie di limone al chorizo, ricordo di un viaggio in Spagna. Oppure da ‘nord a sud’, racconto delle trippe di baccalà che mi prepara sempre il papà, con la trippa cotta in estrazione di semi tostati e una crema di patate profumate alla ‘nduja nelle pommes soufflées.
Ma credo che il piatto più rappresentativo sia ‘pane e mortadella’, ideato due anni fa: un fine velo di pasta all’uovo cotto in estrazione di mortadella, con una salsa di pistacchio di bronte con pepe indiano fermentato. Alla fine terminiamo in sala con del molliche di pane panko giapponese tostato in olio di mortadella. Insomma… è davvero la sublimazione della mortadella.
Quando hai conosciuto Salumi Pasini?
È stato davvero un caso. Ero a Milano e con la mia fidanzata ci siamo fermati da in un locale milanese che fa michette con salumi, dove ci hanno preparato un panino semplicissimo con pane e mortadella. Il mio primo pensiero è stato: “questa mortadella è atomica, proprio buona”. Ho indagato e mi hanno detto che era di Pasini. Da lì li ho contattati e sono diventati subito i miei fornitori.
Come definiresti, oggi, la tua cucina?
Ci sono quattro parole che secondo me caratterizzano la mia visione della cucina: vegetali, concentrazione dei sapori, estrazioni, aromaticità. Per me la materia prima è sempre al primo posto, e dev’essere rispettata e valorizzata al massimo. In questo periodo poi mi sento un cuoco giardiniere, sono a disposizione della natura e faccio quello che la natura mi dice di fare.
Sicuramente poi sono molto influenzato dai viaggi e dai paesi in cui ho vissuto.
E per il futuro?
Credo che l’evoluzione sarà verso un minimalismo ancora più spinto. Se prima mettevo tantissima attenzione sull’estetismo, in futuro credo che mi concentrerò sempre di più a capire se il prodotto sarà intatto. È una questione di età e di maturità, credo: arrivi ad un certo punto e ti metti in pace con te stesso. Ti rendi conto che tu sei così e fai questo tipo di cucina: ognuno ha la sua identità, questa cucina la faccio solo io, sono sapori miei.